L’umana commedia (3a parte)

Come è bella la struttura di questo nobile organo che presidia la mente e presiede la coscienza e la conoscenza in virtù delle sue molteplici funzioni. Da lontano, tra gli innumerevoli lobuli, puoi intravedere il luccichio degli occhi di feroci belve, le famigerate iene, che si nutrono di sangue umano ed in alcuni punti, fissando gli occhi a terra, se osservi attentamente hai la sensazione che anche il suol si muove. Causa di tal prodigio sono le perfide talpe che, scavando nelle fondamenta di questa mirabile architettura, per incessante lavorio al buio sotto terra, infine, fanno crollare tutto, trasformando questa nobile struttura in un triste ammasso di pietre e calcinacci:
 
obbrobriose bestie,
con la vostra cattiveria
siete capaci di trasformar
poveri esseri umani nella testa,
con un' abominevole pancia
in un fisico ridotto all’osso
e, con quel color giallo
carico negli occhi,
i pazienti si spaventan della loro
stessa immagine allo specchio.
 
Che strazio per noi medici impotenti non poter far davvero proprio niente! Maledette assassine, a voi non mi avvicino non già per paura, vi schiaccerei all’istante sotto i miei piè, ma per il ribrezzo che da sempre mi scatenate.
Adesso che mi son finalmente sfogato, il luogo da ricercar per un meritato riposo, visto che in questa zona epatica manco se ne parla, si potrebbe trovar in questi paraggi negli alloggi renali, ma poi, pensandoci bene, quel continuo fruscìo dei calici renali per il sangue da filtrare in ogni momento, sai che gran fastidio per queste mie povere orecchie. Se sei stanco con pensieri fissi anche un piccolo rumore diventa assordante e al tempo stesso sempre più insopportabile.
Ed allora l’unico posto dove poter riposare rimane il monte là in alto, ovvero il cervello con tutti i suoi misteri, forse anche la sede più idonea dove si cela l’anima. Chissà se anch’essa si avvale del presidio epatico in qualche suo momento, se quaggiù sulla terra da sempre si parla di sporche coscienze all’interno dell’anima e il fegato, pertanto, potrebbe ad esse restituire l'originale candore. Ricordo di aver scritto, un bel dì, una poesia che, parlando dell’anima, recitava così:
 
col torrente circolatorio
sono andata per ogni dove
dando ovunque mia presenza.
Dalla valle del vostro pascolo
risalendo la grande porta
nel filtro epatico mi soffermavo
per acquisir candor limpido lucente,
nucleo centrale della mia essenza.
 
Questa poesia (la dimora dell'anima), davvero tanto ispirata, vi spiego come è nata. La saggezza dei napoletani suol dire: “chi rorm’ nu' piglia pesc” ed io, da buon napoletano per diletto pescatore, gran parte delle mie scritture le ho realizzate agli albori quando la pesca riesce meglio.
Pur tuttavia talora ti vien rabbia perché non senti toccata e rimani con fogli bianchi e penna in mano; tal’altra, invece, senti toccate interessanti ma il peso della lenza è per la profondità dell’amo. Tirandola su, infatti, la senti sempre più leggera e tiri in barca un povero pesciolino che subito ributti in acqua. Nel caso della poesia, dopo fogli e fogli di scrittura senza vera convinzione, alla fine di tanta fatica li prendi in mano e li butti via.
Ma andando a pesca (e scrivendo), senza apprensione e solo per rilassarmi, nel riavvolgere la lenza (il pensiero) una grande toccata (l'ispirazione) mi fece perdere l’equilibrio sulla barca buttandomi a mare. Per fortuna il pesce (la scrittura) non lo persi perché la lenza (il pensiero ispirato va subito trascritto) era attaccata a prua, vicino all’àncora.
Parlando allora di poesie è meglio chiarire questo concetto: se i figli sono il più bel dono della vita, frutto dell’amor di due genitori, solo con la poesia pure la paternità diventa certa!
Intanto sto per lasciare il crocevia epatico e proprio sopra di me, nel posto dove mi trovo, passano tre arterie variopinte (dal rossastro al bluastro al giallo verdastro) tra loro parallele ed anch’esse parte integrante di questo stupendo scenario architettonico.
Finalmente è giunto il momento di salire sul monte e vuoi vedere che proprio lassù, in qualche recondito anfratto si cela la nostra introvabile anima?
Se davvero ciò accadesse, sai che gran successo con tanti geni che si son sempre arresi a questo mistero dell’umanità!
Il solo pensiero di questa fantasia mi ispira follia, tra tanti osanna e gloria chi mi fermerebbe più?
Durante una lunga carriera di centravanti-ala, una sola volta feci un gol anche in sforbiciata; non so all’epoca quanti amici perdetti perseguitati da una tale impresa che io sempre raccontavo. Anche il mio presidente prete per poco non mi bastonò!
Da sempre faccio lo sbruffone per scaricare così una vita sofferta ed al momento, pensando ai nostri figli, un’ansia mi assale per il loro avvenire.
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