Fantasie biografiche (1a parte)

Nacqui a cavallo della vergine (il 23 settembre) da un Angelo (all'anagrafe) chiamato Raffaele (si firmava Angelo Raffaele), venditore di maglie di gran qualità (marchio Domenico Servodio) in via Duomo a Napoli, adiacenze piazza Nicola Amore, di fronte a Serpone, negozio di arredi sacri!
Fui primogenito prediletto a casa e primo della classe a scuola, sbugiardato, però, prima dalle mie sorelle (spietate femministe) in famiglia e poi dai professori agli esami, tanto da esser promosso per il rotto della cuffia con la media del 6 alla maturità classica dopo aspra polemica con il professore di storia e filosofia e laurearmi in medicina con un misero 107, questa volta dopo polemica urlata con il Preside della facoltà.
Di poi la vita coniugale addirittura mi bocciò e da questo clamoroso fallimento mi diedi alle scritture morali per riabilitarmi almeno agli occhi dei miei figli, mai rinunciando ai giochi (carte, schedine/bollette e casinò) da esperto sistemista al punto che adesso mi pubblicizzo sui social network come specialista di sistemi vincenti tra sacro (sistema spiritale) e profano (sistemi per calcioscommesse).
 
Il gioco fatale
 
Quando i giochi vanno male
io ripiego sulla morale,
sarà pure per disegno fatale
ma per l'esito letale
divento ancor di più
un misero mortale.
Sono un giocatore nato
perdente sol per fato
ma ancor non mi raccapezzo
se gli occhi addosso
me li mettono quaggiù,
mi vengono di lassù
o sono del solito belzebù.
Con un poker di re servito
una donna d'incastro...
tutta nera di picche,
di certo per ripicca,
con una scala reale
mi mandò gambe all'aria.
Al tredici miliardario,
ci pensò, invece,
un uomo in giacca nera
e con un gol fuori orario
mi azzerò l'onorario.
Ripiegai sul totogol,
sui gol a grappoli
ma per disegno divino
il fatal destino
mi sfilò il bottino...
era l'unico otto
ma l'ineluttabile sorte
mi rifilò un fagotto
e mi fece il cappotto.
Adesso, di giochi in gioghi,
la roulette insolvente,
il black jack insolente
e la bolletta perdente
mi fanno uscir di mente
ma, per mia gran fortuna,
l'anima mi richiama
ed è la sua ispirata scrittura
che infin mi rianima.
 
Il vizio di giocare
 
La smania di rimare
e il vizio di giocare
è ciò che alfin mi resta
almeno per sognare.
La vita è prova dura
e spesso fa paura
specie se anima e mente
si mettono a litigare.
Con la spiritualità
cantai l'amor
in preda al dolor,
la razionalità, invece,
per sistemar le cose
senza più lavorar,
ricorse al gioco
e senza più risorse
mi fece naufragar.
A me tanto piaceva
viaggiare tra sole e mare
ma poi solo mi ritrovai
nel buio più profondo
e con il pensier assente
nel vuoto sprofondai.
Senza meta vagando,
infin, mi richiamò
la voce della coscienza
che mi riportò in vita
alla luce del vero amor.
Son tornati, adesso,
nuovamente i giochi,
non più esasperati e folli,
ma son pure poesie
per un pensier vigile
che attinge dall'anima,
di poi l'affronta,
spesso la contrasta,
non le concede tregua
e la mantiene sempre sveglia
senza mai darle pace.
A tanto provvederà,
son certo, la vita eterna,
basta solo conciliar
mente e coscienza
con giochi e poesie
nel canto dell'amore
per volare all'infinito
tra orizzonti di luce
e godere per sempre
la melodia del silenzio
e la sinfonia della pace.
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